sabato 5 aprile 2014 | By: Unknown

Recensione di Love traffic di Davide Rizzo


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Non sono solita recensire sillogi poetiche, principalmente perché mi spaventano. Ebbene sì: la poesia è immensa, molto più breve della prosa eppure smisurata. Da dove iniziare? Come portare avanti una recensione di un libro di poesie? Partendo dal titolo, penso io. Love traffic mi dà subito l'idea di movimento caotico, colore, rumore, parole sussurrate che fanno capolino tra quelle urlate, muri decorati da scritte, strade che s'intrecciano, si chiudono e si aprono su spazi immensi tutti da percorrere. E' tutto questo, il libro di Davide Rizzo. In queste poesie, accompagnate da una serie di fotografie decisamente interessanti, ritroviamo un vero e proprio microcosmo nel quale si rincorrono i temi della poesia di tutti i tempi, dall'amore alla ricerca di una propria verità esistenziale alla lotta per sopravvivere al mondo, passando attraverso una vasta gamma di stati d'animo, sensazioni, emozioni. Rizzo scrive "Un buon poeta sonda le nuvole o tocca il fondo": la verità interiore della poesia non conosce vie di mezzo e non si tratta di pseudo-manicheismo quanto, piuttosto, del desiderio di essere quel poeta in grado di toccare le nuvole e, se possibile, di evitare la caduta. Vien da chiedersi, a questo punto, chi sia il poeta. "Ho un'opinione su tutto tranne che su me stesso". Nel traffico di sensazioni e momenti vissuti c'è l'io lirico che, nella sua frammentazione, nel suo ricercare sé in se stesso e nel mondo intorno, riflette echi della poesia modernista del nostro primo Novecento. Questo "io" ha bisogno di una strada da seguire, di una direzione. Nel traffico poetico di questi componimenti torna spesso la parola "preghiera" ma è di una preghiera laica che si tratta, così lontana da quel bigottismo cieco raccontato nei versi "Si occupa il posto in prima fila / per farsi vedere bene in faccia dal prete". La preghiera di Love traffic è una supplica interiore ed intima che cerca luce nel buio, ordine nel caos, aria pulita per quei luoghi dell'anima che "non hanno finestre / soltanto porte sbarrate". La vita che circonda il poeta è vissuta a fondo, percepita fisicamente sulla pelle. Interessanti sono le poesie notturne in cui il buio ha una densità e un sapore. L'amore qui raccontato è infinito eppure interrotto, è un ossimoro che non può far altro che implodere per le sue innumerevoli contraddizioni e "tu sai bene / che dopo l'amore / non ci rimane altro / che fare la guerra". E' un amore che logora, consuma, sfinisce, chiede, pretende.

So che c'è un po' di amore per me;il mio è infinito per te.

La tenerezza trova spazio nel caos delle cose finite, delle storie andate a male. Che cosa rimane, dopo l'amore? "L'eco eterno / di un sasso infranto / su una campana di vetro". Terribilmente intensa, l'immagine della campana di vetro che s'infrange, poiché la campana rappresenta la protezione, il luogo sotto il quale ripararsi dal mondo. Al tempo stesso, però, essa è anche negazione della verità, un voler chiudere gli occhi e le orecchie alle "distanze / i crolli nervosi / i giorni attesi / lunghi e schifosi" con la scusa che "l'amore viene una volta soltanto". Quello che resta è l'eco del velo che si squarcia, dell'illusione che cade. L'amore è inevitabile e non lo si può comandare; al massimo lo si può soffrire, come un'influenza. Avere l'infinito da dare e nulla da ricevere. 

Come sono belli due destini impossibili.

Non resta che guardarli volare 

nulla si può comandare, 
soprattutto amare.

Davide Rizzo non ha una sua metrica eppure le poesie hanno ritmo, ed è il ritmo sfrenato di una canzone metal dall'autoradio mentre si sfreccia su una strada piena di luci. Sono poesie che hanno un odore, un sapore, il retrogusto malinconico di un ricordo che sfugge nel momento stesso in cui lo si afferra. Sono il racconto di cose perdute e non ritrovate eppure ancora amate, mai dimenticate, custodite.

Se ti scrivo 
divento te.

Questo libro è poesia anche dove non è poesia. Anche nella prosa del meraviglioso excipit. Anche nei ringraziamenti. E' poesia contemporanea del disordine, delle cose perdute, di una verità relativa da cercare. Vorrei concludere con Senza cuore, che è il componimento che preferisco e che si commenta da sé:

Ci sono luoghi dell'anima 
che non hanno finestre 
soltanto porte sbarrate. 
Da lì il mio cuore 
rimbalza da muro a muro 
e ha un suono grave 
e forte che riecheggia il tuo nome. 
Nessuno sentirà le mie urla 
e verrà a salvarmi, 
tutti dimenticano un piccolo principe 
chiuso in una torre d'avorio 
che muore dissanguato per te.

voto: *****/5






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