venerdì 27 dicembre 2013 | By: Unknown

Sehnsucht, Deborah Turbeville and something else

Sta finendo dicembre ed io conto le ore, conto i minuti che mi condurranno al termine di questo anno così terribilmente sfigato. C'è qualcosa di vagamente mistico, negli anni storti che iniziano storti e finiscono storti. Ad ogni modo, una life coach (che espressione ridicola, "life coach", con tutto il rispetto) di cui non ricordo il nome ripeteva sempre che, alla fine di ogni giornata, bisognerebbe appuntarsi tre cose accadute nel giorno appena conclusosi che sono state davvero meritevoli di essere vissute. Certo, in ogni giorno di merda c'è uno spiraglio di luce. Credo. E sì, quest'anno è stato davvero terribile eppure qualcosa di buono l'ha portato. Il mio secondo romanzo, per esempio, giunto alla ristampa dopo pochi mesi. La potatura di alcuni rami secchi del mio albero relazionale. L'incontro con una ragazza straordinaria già amica di penna, la scrittrice Elisabetta Ossimoro. Le presentazioni del mio libro a Torino . La mia collaborazione con Leggere a Colori. La scoperta di The Teenage Head e tutte quelle ore trascorse leggendo Rookie. L'abbonamento scontatissimo a Vogue. Lui. E tutto questo non può che colmare la mia personale Capsula della Felicità del Mondo, almeno in parte, e bilanciare la Capsula dell'Infelicità. Arriverà il duemilaquattordici e chissà cosa porterà: non m'importa e non voglio saperlo. Ho nostalgia di ciò che avverrà, di già, chissà perché (Sehnsucht, la chiamavano i Romantici).

Deborah Turbeville, Vogue Italia 1982




Sto scrivendo un nuovo libro senza scriverlo. Come si fa? Si fa che si pensa allo scheletro di un plot, si individuano i punti chiave, si prende un quaderno qualunque, di quelli con i gatti in copertina, e si appunta tutto ciò che passa per la mente e per gli occhi e per le mani: il testo di una canzone di Marina & The Diamonds, una citazione di Jonathan Lethem e lo struggente finale delle Vergini suicide di Eugenides. Si disegna. Si colora. Si incollano post-it. E alla fine, rileggendo quel quaderno così simile ad una pinterestiana Inspirational Board, verrà la scrittura. Metaletteratura come genesi della letteratura. Cosa mi sono fumata, vi chiederete. Lucky Strike da 15 grammi blu, cartine Smoking doppie, filtri OCB. Il solito.

Deborah Turbeville, Vogue Italia aprile 1997


Questa mattina mi sono data allo shopping post-natalizio (quello pre- mi snerva e poi, chissà perché, in quelle situazioni lì mi viene sempre un terribile mal di testa da sinusite). Sono una fan dei negozi alle nove di mattina, quando sei l'unica già sveglia da tre ore e puoi occupare tutti i camerini di H&M contemporaneamente ché tanto non c'è nessuno (check out the pictures below). Cose del genere. Trovare un reggiseno della mia taglia è un'impresa titanica. Tra uno scatto di Deborah Turbeville e l'attentato di Sarajevo (Bosnia, 28 giugno 1914, e che non si dica che non sto preparando l'esame) trascorro queste vacanze che vacanze non sono, cento pagine al giorno di Lethem ché tanto va giù come vodka alla pesca e praticamente nessun'anima buona con la quale uscire. L'hangout con l'università di Dublino. Intanto stilo pagine e pagine di buoni propositi per il 2014 che poi, come sempre accade, terrò lì a prender polvere senza rispettarne nessuno. E come diceva mia nonna, "buona fine a tutti voi". Chissà perché si grattavano sempre tutti, quando lo diceva.





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