martedì 1 ottobre 2013 | By: Unknown

le sigarette spente, dopo tre giorni, puzzano (ma anche prima)


Che poi c'è questo fatto, delle sigarette che non riesco a finire, perché arriva il pullman quando sono a metà, a fumo sospeso, e allora le spengo contro il muro e Bari è piena di muri dalle macchie nere di cenere (anche il muro del garage di Sergio, in realtà, ma non diteglielo). E' che le artigianali sono infinite come i rotoloni regina, come quando abbiamo cinque minuti di pausa durante la lezione e io rientro sempre in ritardo. mi dispiace buttarle via. Io lo pago, quel tabacco. E pazienza sia il tabacco più economico sul mercato e puzzi da fare schifo e sia secco come me quando ho la tonsillite e non mangio ma...è sempre tabacco, suvvia.


Il fatto è, però, che le sigarette spente e conservate puzzano da morire. E' un odore a metà strada tra un panino al prosciutto avariato e l'odore di fogna quando arrivi a Japigia alle sette di mattina. Mi ricordano un po' quel detto sugli ospiti, il pesce puzza dopo tre giorni o qualcosa del genere. E' che io, la gente, la tratto come le sigarette: la conservo anche quando mi puzza sotto il naso, l'infilo in un vecchissimo pacchetto di Winston Blue e la porto via con me. Anche quando non mi piace. E poi mi puzza la borsa. Vi ho già detto che potete scaricare gratis il mio primo libro qui? so che non c'entra niente, ma è che mi era venuto in mente. Vorrei essere una donna in una fotografia anni '40 e avere delle curve, tipo, e una sigaretta in mano. Giusto così, per provare. Vi lascio con una delle mie poesie invernali perché, si sa, per me ottobre è già un passo avanti verso l'inverno. god bless the winter. 


Tra gli angoli dei vetri
sei una finestra che si apre
e lancia tende contro il vento.
Ti ho aperta che era inverno
ed entrava neve dalla tua bocca,
il profumo del mare
che abbracci in cornice.
Se mi affaccio vedo il fondo
della lontananza che siamo
come fossi su un treno
e ti rincorressi da sempre.
Non m'importa di trovarti
tra le lame della realtà:
è dolce guardare
il mare oltre la finestra,
lo sfiorarsi delle tende,
l'ombra del tuo vento.

(Bianca Rita Cataldi. Odio firmarmi, ma è che a volte non si sa mai)


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