mercoledì 1 maggio 2013 | By: Unknown

Un fiore d'ombra - Recensione.


Un fiore d'ombra

Debora De Lorenzi


"Morirò per darti la vita e la libertà che meriti, morirò perché tu abbia la possibilità di sfuggirgli, Amina, e lo faccio per quel legame che non potremo creare mai."

Siamo a Parigi. Un gruppetto di ragazze esce da una pasticceria, chiacchierando e ridendo. Poco distante, un uomo osserva una di loro: Amélie, la più bella. Nel momento in cui la ragazza ricambia il suo sguardo, è già perduta: basta un attimo perché una passione insana per quello sconosciuto si impossessi di lei e la condanni per sempre. Dopo pochi giorni, Amélie si trasferisce nella lussuosa dimora dell'uomo, condivide con lui pranzi sontuosi e preziose lenzuola, sino al giorno in cui non scopre di essere incinta. Non sa, tuttavia, di aver accolto nel suo grembo Amina, la figlia di Satana e dell'angelo Haraél. Amélie, infatti, è solamente una pedina in un gioco molto più grande di lei. Viaggiando infinitamente indietro nel tempo e nello spazio, attraversando un numero infinito di secoli, ritroveremo Satana e Haraél, il concepimento di una figlia destinata a diventare Principessa delle Tenebre, la punizione di Dio e la sopravvivenza di Amina legata ad una condizione: che ella viva tredici vite e che riesca, nel mentre, a resistere al Male che le scorre nel sangue. Ed eccoci alla sua ultima vita, alla sua ultima possibilità. Amina si è reincarnata nel ventre di Amélie, che è morta subito dopo aver dato alla luce la figlia del Diavolo. Amina ha vent'anni, adesso, e non ricorda nulla delle sue vite passate - benché delle visioni provenienti dal profondo del suo animo la sconvolgano giorno e notte. La sua esistenza è macchiata da strani omicidi che ha commesso "involontariamente", col semplice "desiderare" la morte di chi le era intorno. Amina sa di possedere, in sé, qualcosa del quale non riesce a rendersi completamente conto. C'è, in lei, un nucleo di potere pronto ad esplodere, ma sarà soltanto col lento riaffiorare dei ricordi che riuscirà a raggiungere la consapevolezza. Riuscirà a resistere al richiamo del Male che proviene direttamente dal suo sangue? O sarà l'amore per un angelo a salvarle l'anima?


Parto dal presupposto che di libri sugli angeli e su Satana ne ho letti veramente tanti, ma questo libro...questo libro è diverso da tutti gli altri. La storia, questo magnifico intreccio che ci accompagna nelle tredici vite di Amina, è solamente un pretesto per parlare di temi ancor più profondi: l'eterna lotta tra il Bene e il Male e il ruolo che il Libero Arbitrio ricopre nella lotta stessa. Il titolo del libro, baudeleriano e meraviglioso, custodisce in sé il segreto profondo del romanzo: può, dal male, nascere la Bellezza? Le tredici vite di Amina ci danno una risposta certa: sì, dal Male può nascere la Bellezza, ma solo e soltanto se l'Amore giunge a riscattarla. Il personaggio di Amina è perfettamente inquadrato all'interno del romanzo: di lei, il lettore coglie tutte le sfaccettature, il chiaroscuro del suo tormento interiore, e Debora De Lorenzi è una maestra nel descriverci la confusione che alberga nella mente della protagonista. Ad accrescere il senso di empatia del lettore con Amina è l'originalissima struttura della narrazione. L'autrice, infatti, ha punteggiato il romanzo di flashback che vanno di pari passo con i ricordi della protagonista: man mano che Amina ricorda dettagli delle sue vite passate, il lettore viaggia con lei nell'antica Roma, nella reggia di Versailles, a Vienna e in tutti i luoghi che hanno dato i natali ad Amina nel tempo. Inutile dirvi quanto io abbia adorato questa tecnica narrativa: i viaggi nel tempo sono da sempre la mia specialità. A colpirmi, inoltre, è stata la delicatezza oserei dire materna con la quale l'autrice ha descritto la disperata ricerca che Amina fa di se stessa. "Chi sono, mio Dio?" grida Amina, in una straziante pagina del romanzo. Incapace di ricordare il male che ha commesso nelle sue vite passate, consapevole di possedere un lato oscuro che non è ancora in grado di gestire, Amina cerca disperatamente se stessa senza riuscire a trovarsi. Leggendo quelle pagine, non potevo che immedesimarmi in Amina e, a prescindere dal sovrannaturale della vicenda, penso che quello stesso desiderio di trovarci, di capire chi siamo e da dove veniamo, riguardi tutti noi. 
Vorrei concludere questo mio commento sottolineando la Bellezza - non potrei chiamarla altrimenti - di due personaggi: gli angeli Azraél e Mebahiah. Il primo è l'Armageddon ma è anche, e soprattutto, l'amore proibito di Amina, un amore straziante e profondo che li ha legati attraverso le tredici vite e che Amina dimentica ogni volta, al momento della reincarnazione. Trovo sia infinitamente poetico, questo suo "dimenticare" l'amore che ha caratterizzato la sua vita passata, e il suo ricordare, passo dopo passo, gli occhi dell'angelo con il quale, per la loro natura così diversa, non potrà mai condividere l'esistenza. L'altro personaggio, Mebahiah, è l'Angelo della Morte che ha posto fine a tutte le dodici esistenze precedenti di Amina per impedirle di cadere tra le braccia di Satana suo padre. Anche Mebahiah è innamorato della protagonista, benché cerchi di nasconderlo persino a se stesso. Mi sono commossa nel leggere la straziante consapevolezza di Mebahiah: come può un Angelo della Morte, il cui bacio è letale, amare ed essere amato? Non può, semplicemente. Può soltanto guardare l'amata innamorarsi di un altro, e lasciarla andare via.
In conclusione, non posso che consigliare questo romanzo perché è profondo, ben congegnato, scritto meravigliosamente. Se il precedente romanzo di Debora, "L'imbroglio dell'anima", mi era piaciuto moltissimo, questo suo nuovo libro è destinato ad entrare nella mia top ten di quest'anno. E con tutti i libri che leggo, vi assicuro che non è poco.

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